L’impegno di AIPRAS-Onlus nella lotta contro il morbo di Alzheimer

Il morbo di Alzheimer è una complessa patologia neurodegenerativa del sistema nervoso centrale che sta diventando sempre più comune. Nel mondo si stimano circa 50 milioni di persone colpite da demenze, il 60-70% delle quali soffrono di Alzheimer. In Italia, 8° tra i paesi con il maggior numero di persone affette, si stimano 1.4 milioni di malati, oltre 600.000 dei quali colpiti da Alzheimer. A causa dell’invecchiamento della popolazione si prevede che nel corso dei prossimi 30 anni i casi triplicheranno, entro il 2050 ne sarà affetta 1 persona su 85 a livello mondiale, coinvolgendo 130 milioni di individui con una aspettativa media di vita dai 3 ai 9 anni. Il fenomeno ha assunto proporzioni tanto vaste da essere definito “una priorità di sanità pubblica” dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il morbo di Alzheimer rappresenta la 6° causa di morte negli Stati Uniti.

 

Il morbo di Alzheimer è un tipo di demenza caratterizzato dalla progressiva perdita delle funzioni cognitive, associata a comportamenti aggressivi, depressione ed alta mortalità. Generalmente, i sintomi si sviluppano lentamente e peggiorano con il passare del tempo, diventando talmente gravi da interferire con le attività quotidiane.

Il sintomo precoce più comune del morbo di Alzheimer è la difficoltà a ricordare informazioni apprese recentemente. Proprio come il resto del nostro corpo, il nostro cervello cambia con l’età. Una grave perdita di memoria, la confusione e altri importanti cambiamenti nel modo in cui funziona la nostra mente, possono essere un segnale di insufficienza delle cellule cerebrali.

L’avanzare del morbo di Alzheimer attraverso il cervello provoca sintomi sempre più gravi, tra cui il disorientamento, i cambiamenti di umore e di comportamento; una sempre più marcata confusione su eventi, tempi e luoghi; sospetti infondati relativi a famiglia, amici e persone che assistono; una più grave perdita di memoria e mutamenti di comportamento, nonché difficoltà nel parlare, deglutire e camminare.

Le persone affette dalla perdita di memoria o da altri possibili segnali del morbo di Alzheimer possono trovare difficoltà ad ammettere di avere un problema. I segnali di demenza potrebbero risultare più evidenti per i membri della famiglia o gli amici. Chiunque dovesse avvertire sintomi simili a quelli della demenza deve recarsi da un medico il più presto possibile.

 

Il morbo di Alzheimer non rappresenta un normale elemento dell’invecchiamento, anche se il massimo fattore di rischio conosciuto è rappresentato dall’aumentare dell’età e la maggior parte delle persone malate hanno 65 e più anni. Tuttavia, il morbo di Alzheimer non è solo una malattia della vecchiaia, considerando che circa il 5% dei malati hanno un’età compresa tra i 40 e 55 anni.

 

Oramai risulta accertato che il danneggiamento e l’uccisione delle cellule nervose siano dovuti a depositi di proteine chiamate placche e grovigli. Le placche sono depositi di un frammento di proteina chiamata beta-amiloide, che si accumula negli spazi tra le cellule nervose, e i grovigli sono fibre contorte di un’altra proteina chiamata tau, che si accumula all’interno delle cellule.

Anche se la maggior parte delle persone sviluppa alcune placche e grovigli con l’età avanzata, chi soffre del morbo di Alzheimer tende a svilupparne molti di più. Inoltre, essi tendono a svilupparsi in settori importanti per la memoria, prima di diffondersi in altre regioni.

Gli scienziati non sanno esattamente quale ruolo giochino le placche e i grovigli nel morbo di Alzheimer. Molti esperti ritengono che essi, in qualche modo, abbiano un ruolo fondamentale nel bloccare la comunicazione tra le cellule nervose e nell’ostacolare i processi dei quali le cellule hanno bisogno per sopravvivere.

Microscopici mutamenti nel cervello iniziano molto prima dei primi segni di perdita di memoria.

Nel cervello vi sono cento miliardi di cellule nervose (neuroni). Ogni cellula nervosa è collegata con molte altre cellule, formando, in questo modo, delle reti di comunicazione. Ciascun gruppo di cellule nervose svolge un lavoro specifico. Alcuni sono coinvolti nel pensare, nell’apprendere e nel ricordare. Altri ci aiutano a vedere, sentire suoni e sentire odori.

Per svolgere il loro lavoro, le cellule del cervello operano come minuscole fabbriche. Esse ricevono forniture, generano energia, costruiscono attrezzature e si liberano dei rifiuti. Inoltre, le cellule processano e immagazzinano informazioni e comunicano con altre cellule. Mantenere tutto in funzione richiede un coordinamento, nonché grandi quantità di combustibile e di ossigeno.

Gli scienziati ritengono che il morbo di Alzheimer impedisca a parti della fabbrica di una cellula di funzionare bene. Essi non sono sicuri su dove inizi il problema. Ma proprio come una vera e propria fabbrica, i backup e i guasti a un singolo sistema provocano problemi anche in altre zone. Con il diffondersi del danno, le cellule perdono la loro capacità di compiere il loro lavoro e in seguito muoiono, provocando mutamenti irreversibili nel cervello.

 

Attualmente, il morbo di Alzheimer è incurabile e gli attuali trattamenti non possono fermare la malattia solo rallentare temporaneamente il peggioramento dei sintomi della demenza e migliorare la qualità della vita delle persone affette e di chi si occupa di loro.

È in corso attualmente uno sforzo mondiale per trovare modi migliori per curare la malattia, ritardare la sua insorgenza e impedirle di svilupparsi.

 

La ricerca e il progresso

I ricercatori stanno lavorando per scoprire quanti più aspetti possibile del morbo di Alzheimer e delle forme di demenza correlate. Il 90% di ciò che sappiamo circa il morbo di Alzheimer è stato scoperto negli ultimi 20 anni. Alcuni dei più notevoli progressi hanno fatto luce su come il morbo di Alzheimer colpisca il cervello. La speranza è che la migliore comprensione porterà a nuovi trattamenti. Molti potenziali approcci sono attualmente in fase di ricerca in tutto il mondo.

Parte della ricerca scientifica punta la sua attenzione alla sintesi di potenziali farmaci, nuove molecole capaci di interferire con differenti target molecolari coinvolti nella patologia dell’Alzheimer.

 

Molti metaboliti naturali, noti antiossidanti con struttura polifenolica, sono stati considerati come validi candidati per prevenire o curare l’Alzheimer. In particolare, uno degli agenti anti-Alzheimer più studiato è la curcumina, una piccola molecola bioattiva contenuta nelle radici di Curcuma longa, il cui potenziale utilizzo come farmaco è limitato dalla sua bassa biodisponibilità e dalla sua instabilità in ambiente fisiologico.

 

In tale ambito si inserisce lo scopo di un progetto di ricerca finanziato da Aipras-Onlus che mira a sintetizzare, con un approccio combinatoriale in fase solida, mimici della curcumina dotati di una migliore stabilità chimico-fisica, nonché una maggiore solubilità in ambiente acquoso.

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